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  • DNA e Alimentazione Veg

    March 18, 2025

    Introduzione: il mio rapporto con il veganismo e i disturbi alimentari

    Ho una storia di disturbi alimentari che rende il mio rapporto con il vegetarianismo/veganismo incredibilmente complicato. Ho sofferto di anoressia e ortoressia: mentre l’anoressia mi ha segnato con la paura del cibo e una costante lotta contro la fame, l’ortoressia—un disturbo meno conosciuto ma altrettanto debilitante—mi ha portato a fissarmi ossessivamente sul “mangiare sano”. Questa ossessione mi ha spinto a classificare rigidamente i cibi in “giusti” e “sbagliati”, creando in me una tensione costante e un’ansia che, per anni, ha complicato ogni relazione con il cibo.

    Il problema della rigidità e delle regole alimentari

    Forse è proprio questa rigidità, questo bisogno di definire con precisione cosa sia accettabile e cosa no, che rende il percorso verso il vegetarianismo o il veganismo particolarmente difficile. Per quanto, in assoluto, il veganismo rappresenterebbe la scelta alimentare più in linea con i miei valori, il mio cervello, ancora in recovery, fatica a distinguere tra il messaggio “questo alimento è sbagliato perché troppo calorico”—una condizione che mi faceva da guida nei periodi più oscuri della mia anoressia—e quello “questo alimento è sbagliato perché è di origine animale”. In entrambi i casi, l’imposizione di una regola rigida riaccende la sensazione di restrizione, e la paura di entrare in un circolo vizioso è forte.

    Si stima che in Italia circa 3 milioni di persone convivano con Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione. Questa cifra, pur parlando da sola, non rende conto della complessità delle esperienze vissute. Anche con tanto supporto e impegno, alcuni trigger possono rimanere in agguato, pronti a farci tornare indietro, a farci sentire imprigionatə in una rete di regole e giudizi interiori.

    Un percorso personale e senza forzature

    Nel mio percorso ho imparato che il cambiamento non può essere forzato: ho dovuto eliminare gradualmente la carne e ridurre il consumo di pesce e derivati animali, passo dopo passo. Un cambiamento repentino avrebbe inevitabilmente risvegliato quella sensazione di privazione, compromettendo anni di lavoro su me stessə. Ho scoperto che procedere con lentezza e trovare motivazioni specifiche per ridurre ogni singolo alimento mi ha permesso di fare dei progressi senza cadere nuovamente negli schemi distruttivi.

    Un’altra cosa che mi ha aiutato infinitamente sono i sostituti della carne. So che può essere un argomento controverso, perché si parla molto di come non siano sostenibili, e di come sarebbe meglio utilizzare verdure e legumi per creare ricette che non necessitino di carne o sostituti, affermazioni che non metto in dubbio. Quello però che vorrei menzionare è che possono essere ottimi alleati per coloro che, come me, devono continuamente contrattare con i residui dei propri DNA, in quanto permettono di “eliminare” un alimento, senza triggerare una sensazione di privazione. 

    Il legame tra Disturbi della Nutrizione e dell'Alimentazione e scelte alimentari etiche

    Questo è stato fondamentale anche perché il circolo vizioso di cui parlavo sopra, per cui un pensiero restrittivo si aggroviglia con la scelta etica di una dieta veg, è tutt’altro che una paura irrazionale. Purtroppo è fin troppo vera, perché l’adozione del vegetarianismo o del veganismo come una maschera socialmente accettabile per esercitare un controllo rigido sul cibo è una pratica comune, in modo più o meno conscio, per eliminare alimenti e mascherare un disturbo alimentare. Non ne approfondirò il discorso, perché non è la mia esperienza diretta; ho visto da vicino un’amica affrontare questo percorso e ne conosco la complessità. Tuttavia, ritengo fondamentale riconoscere che questo fenomeno esiste e merita una discussione sincera, con la dovuta delicatezza.

    Dare spazio a conversazioni più sfumate

    Purtroppo i contenuti sui social spesso ci costringono a semplificare la realtà, in quanto le piattaforme tendono a premiare contenuti che siano facili da digerire, veloci e diretti, e mi rendo conto che non tuttə possono o vogliono affrontare temi complessi. Eppure, credo che oggi sia fondamentale aprire una conversazione che dia spazio alle sfumature del rapporto con il cibo, e che rifletta quanto il percorso verso un’alimentazione più consapevole possa essere intricato per molte persone. Un percorso che moltə di noi vogliono intraprendere, ma che devono affrontare facendo i conti con battaglie interiori che spesso non vengono raccontate.

    Ricordo ancora la prima volta in cui mi sono sentita davvero compresa, ascoltando il podcast I Weigh di Jameela Jamil. In quella puntata, Jameela parlava della sua difficoltà nel ridurre il consumo di prodotti animali, legata al suo rapporto con il cibo. Mi si sollevò un peso dalle spalle: finalmente non mi sentivo pigra o inadeguata, ma capii che quelle difficoltà che vivevo erano valide, condivise e importanti. Da quel momento, trovai il coraggio di raccontare la mia storia. Parlare delle mie esperienze mi ha permesso di incontrare altre persone che, come me, lottano ogni giorno per conciliare valori, etica e benessere mentale.

     

    Oggi, con questo post, vorrei creare consapevolezza su questa lotta e aprire un dialogo su quanto il nostro rapporto con il cibo possa essere intricato.

    Se anche tu hai vissuto o vivi difficoltà simili, sappi che non sei solə. Il tuo percorso, con le sue sfide e i suoi progressi, non è una scusa né un segno di debolezza, ma una realtà valida e degna di essere ascoltata. Condividere le nostre storie può fare la differenza.

     


    Perché DNA e non DCA?

    Perchè DNA, Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione, e non DCA, Disturbi del Comportamento Alimentare?

    Il termine DNA è più inclusivo e completo, in quanto non si concentra esclusivamente sulla dimensione comportamentale del disturbo, ma anche su quella della nutrizione, cioè sul rapporto tra l'individuə e il cibo in modo olistico. Questo termine evidenzia inoltre che non è solo il comportamento alimentare a essere disfunzionale, ma che lo è l'intero rapporto con il cibo, con il comportamento che ne rappresenta solo la manifestazione esterna. 

     

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